mercoledì 18 dicembre 2013

Le Feste.

Arrivi, infreddolita, al portone. Il campanello suona e tu, frettolosamente, sali a due a due gli scalini, mentre cerchi di indagare, dentro te stessa, cosa ti aspetti da questa serata.

Entri. Ti godi, docilmente, la festa.

Poi, Musica.

Il suono vibra calmo nello orecchie, deciso e sublime. Ti alzi, muovi il tuo corpo e decidi di assecodarla, questa musica, dando, a quella melodia, un percezione visiva. Alzi il viso verso un'aria irrespirabile che sa di fumo ed ubriachezza, ridi e ispiri forte la tua sigaretta; un'aria che pesa come piombo, nei tuoi polmoni, pregna di corposità. 

Le feste nascono da una necessità di condividere un aspetto del proprio vivere, trasmettendo, nel pieno del proprio significato, il momento di cui si vuole rendere partecipi gli altri. Birra e fumo sono le spezie di cui ci cibiamo, sperando che l'alcool bevuto, e il fumo inspirato, renda le nostre anime più visibili all'occhio dell'interlocutore che, a sua volta, brandisce una birra dozzinale.
Tabacco e felicità effimera, che vogliamo spacciare come reale e tangibile.

Labbra violacee di vino e sguardi appannati riempono visi gaudenti e abbandonati a piccoli microcosmi, creati artificialmente, per il desiderio di voler sfuggire a impegni prefissati.

Nella mia stessa, eterna, recita di ragazza felice e spensierata, però, mi domando come non riesca ad essere me stessa come quando ho del vino in mano.

Sto parlo di me, ma in realtà le mie parole, alla fin fine, potrebbero provenire dalla bocca di chiunque.

Dovremmo vivere da ubriachi, cosicché le nostre mani e i nostri occhi possano sempre parlarsi davvero, senza filtri.

lunedì 16 dicembre 2013

Uno schiaffo

.E' inizio settembre, la calda stagione del divertimento sta quasi per vedere la sua fine, ma, se giocata bene, un ultimo, emozionante, colpo di reni lo può ancora regalare.
Ragazze facili sculettano gloriose per il centro, pronte a svendere cosce nude, esposte al vento, lunghe o grasse che siano. L'odore di un febbricitante autunno, che vuole incominciare ad affacciarsi, si mostra, di tanto in tanto, con una folata di vento più fresca; così le ragazze percepiscono che l'estate è agli sgoccioli e affrettano la loro peculiare raccolta. C'è chi è più brava e il punteggio massimo lo ha già raggiunto. Le più timide sono rimaste indietro.
<<A te chi manca ancora?>> Chiede una, confrontando con l'amica l'album di preservativi usati che ha conservato con perizia.
<<Questo è di Giorgio, quello della 5C che ora entra all'Università.
Poi ho Davide, lo vedi? E' questo preservativo fruttato, sai, lui è così Indie.
Però – noti questo spazio vuoto? – questo era riservato a Luca. Ma non me l'ha ancora appoggiato, col fatto che ora si è fidanzato, sai...>>
<<Capisco, dai che troviamo un sostituto.>>

Le gare dell'amore, la gioia dello scopare.

Sole, Mare e Gioventù truccata male.

Posteggio il motorino, le cosce appiccicate alla plastica del sellino che, lentamente, si staccano con un suo viscido, mi fa sentire ancora più sudata e a disagio con me stessa.
Mentro salgo le scale un pessimo incrocio tra una pantegana e un cane mi viene incontro, scodinzolando. La mia sensazione di nausea sale.
Stranamente, però, quest'oggi, non ci sarebbe motivo alcuno per cui debba essere triste; una classica giornata estiva tra amici, tuffi e giochi serali, in un gruppo unito.
Solita giornata felice. Soliti scherzi tra noi. Soliti amici. Soliti. La noia fritta in salsa di monotonia, alla lunga.

Salgo nella zona letto, immersa nella notte fonda. E la malinconia sale con me. Un senso di oppressione e stanchezza. Voglia di cambiare tutto in un istante, di dare una svolta a questi giorni e il terrore di non poterlo fare perchè, oramai, si è alla fine dell'estate. E con essa sta finendo tutto.

Mi metto a piangere disperata, senza un apparente motivo logico.
Prendo una penna e incomincio a scrivere, affranta, vaghi pensieri confusi.
<<Tra pochi giorni, 6, per la precisione, compirò 18 anni. Avrò raggiunto la maggior età, con essa sarò giunta al termine della mia giovinezza. Ho vissuto senza essermene accorta. Alla fine sono ancora qui, inchiodata in un posto di merda, a fare cose di merda, in una vita di merda. La mia vita, il culmine che poteva raggiungere l'ha già raggiunto, ma ero impegnata a guardare altrove>>
La mia mano scorre veloce su questo foglio bianco, presa da convulsioni angoscianti che mi esplodono da dentro. Ogni parola di sconforto che scrivo , più la imprimo in questo quaderno a quadretti, più mi sembra reale, convincente. Allora continuo, presa da un raptus di verità, in cui mi rendo conto di aver perso la gioventù.
Piango i miei giorni migliori che non ho mai vissuto, perché mi sono resa colpevole di non aver dato loro ossigeno. Piango e sono vittima di me stessa.

*Zot* Un rumore fulmineo colpisce l'interno della mia stanza.
Smetto di piangere, non capendo bene cosa sia successo, continuo a singhiozzare sommessamente, impaurita e turbata
, fino a che sento una mano che si posa sulla mia spalla.

Mi giro e nella penombra vedo una figura familiare.
<<Chi diavolo sei?>> Chiedo, indispettita.
<<Sono Federica. Sono venuta per parlarti>>
<<Cioè, sei me?>>
<<Si. Sono te tra 6 anni.>>
<<Ma hai più tette!>> Dico, toccandomi le zinne con stupore e fissando le sue.
<<Si, gli ormoni e il tempo, son venute più grosse, come vedi. Ti piacciono?>> Chiede, con una punta di soddisfazione, soppesandole con cura.
<<Sono venuta- dice, sedendosi sul letto, fissandomi negli occhi- per dirti che, sinceramente, non capisci proprio un cazzo.>>
Mi asciugo i rimasugli di lacrime sull'angolo dell'occhio e sbuffo <<Ma che dici? E poi allora vuol dire che anche tu non capisci un cazzo!>>
<<No, vedi. C'è una sostanziale differenza. Vedi, io sono diventata una cazzona, certo, ma per adesso nessuno è ancora venuto dal futuro a darmi che non capisco un cazzo, al limite giungerà per darmi dell'inconcludente, cinica e malvagia. Ma non per dirmi che non capisco un cazzo. Tu, invece, amica mia, sei proprio la classica testa di fava.>>
<<E perchè?>>
<<Perché, dopo aver passato una giornata fantastica come questa, devi trovare il modo per rovinare tutto, facendoti seghe mentali, sterili, per altro, che ti portano a piangere come una inutile ragazzina cui è stato fregato sotto il naso l'ultimo singolo di Justin Bieber.>> -  <<E chi è Justin Bieber? >> - <<Lascia Perdere, è un bene che ancora tu non sappia chi sia, mi fa sperare sul fatto che puoi ancora salvarti e diventare una fantastica persona.>>
<<E lo diventerò?>> - <<Mh-No. Continuerai ad essere una demente di prima categoria, però avrai un certo stile nell'esserlo.>>
<<Ma come faccio a smettere di piangere? Odio tutti, Piombino fa schifo, sono stata sgravata in un buco pieno di persone insulse, la scuola è pessima e i professori sono degli incompetenti.>>
Scoppia in una colossale risata, mi giro intorno, nessuno nella casa pare si sia ancora accorto della presenza di un'Estranea, e incomincio a supporre che sia tutto frutto della mia mente spossata.
<<Ascolta. Queste cose le continuerai a pensare fino a quando avrai vita, credo, oramai. Accettale, disprezza tutti, ma con il sorriso, che tra 2 anni sarai all'università e festa finita.>>
<<Due anni? Ma io sto per incominciare la 5°. Un anno, quindi!>>
<<Ehm... Si, certo, un anno.>>

Ho ancora un tremito che mi turba, verticalmente, misto a singhiozzi repressi e malessere interiore, sento di aver vissuto chiaramente una vita di merda, fino ad adesso, ma come riuscire a farlo capire a 'sta tipa che, ora, fa la splendida?

<<Ma poi mi sento già vecchia. Ti rendi conto? Ho già 18 anni, la mia vita mi sta sfuggendo tra le dita e io non la fermo. Non sono ancora niente. Sono sola, abbandonata e incapace; con Pietro*Daremo alla suddetta cotta un nome di fantasia, come fanno i giornali quando muore una minorenne* le cose non sono andate bene e io sono ancora innamorata e poi...>>
*Sbam* uno schiaffo violento mi percuote il volto.
 <<Ma che cazzo fai, STRONZA?>>
<<Stronza? RINGRAZIAMI, DECEREBRATA. Hai 18 anni, minchia. Vecchia? Ma sai una sega te.>>
Cerca di darmi un altro schiaffo. Lo sento arrivare, alza la mano con un ghigno spietato, mi scanso in tempo, dicendo <<Ma stai calma! E poi tu non ti ricordi bene i drammi esistenziali-adolescienziali perchè non li stai vivendo da vicino, per te sono un ricordo lontano, invece io sono ancora nella merda fino al collo.>>

Sta diventando sempre più collerica, glielo leggo nel rossore del volto che mi guarda incattivito. Mi punta un dito contro :<<Ora lo scandirò bene: TU. NON. SEI. VECCHIA. Questa estate è stata bella e quando la ricorderai, tra qualche anno, riprenderai le foto in mano dicendo -Perchè non me lo sono fatto buttare da questo che me lo voleva dare come se non fosse suo?-
Ti sei presa una cotta per 'sto tipo per cui ti assicuro, tra qualche anno non te ne fotterà meno di zero. E NON SEI INNAMORATA. E non stai soffrendo. E' solo una bizza isterica di ormoni in quanto vuoi sganciare una verginità che ti sta scomoda,
quindi smettila di scrivere minchiate su un tipo che manco te s'incula, inoltre tra non molto arriverà davvero chi ti farà innamorare e quella sarà un'altra storia. Chiaro?>>
I suoi occhi si illuminano speranzosi : <<Davvero? E chi è lo conosco? Giovanni mi dice che la persona giusta è dietro l'angolo, sai, lo dice sempre. E con 'sto tipo ci stai ancora?>> La sua voce si trasforma in un grido di gioia.
<<Ecco, dì a 'sto Giovanni di stare nel suo. Il punto non è se ci sto ancora o non ci sto ancora. Il punto è che sei una bimbaminkia del cazzo che ha sfracassato le palle con tutte 'ste manfrine sullo stare male e sul 'tutti-mi-odiano-e-il-mondo-fa-schifo'. Hai ragione, il mondo è pessimo, ma, per piacere, cresci e vedi di non farmi vergognare di essere stata te, nel passato.>>


Si alza, facendo per andarsene. Poi si gira, guarda quella ragazzetta con ancora gli occhi arrossati, che la fissa spaurita e :<<A parte questo, devo dire che a differenza di tutte quelle altre troiette, stai mantendo un minimo di dignità intellettiva.>>

Sta per svanire nell'aere, così come è venuta, dal futuro -o dai fantasmi di un folle mente che ha le proprie  porte spalancate verso l'oscuro- quando alla bimbaminkia le viene in mente una curiosità da chiedere: <<A
SPETTA! Un'ultima cosa.>>
Il fantasma si gira, lentamente: <<Dimmi.>>
<<Ma, alla fine, ti sei laureata?>>

Solo un lampo d'odio sfavillò da quello sguardo ambiguo e truce. Poi il nulla.


lunedì 2 dicembre 2013

Meta-Scrittura: Scrivere sul piacere di scrivere (come farsi una sega al pensiero di farsi una sega, 'nsomma)


I maschi hanno una simpatica sacca chiamata scroto, produce in continuazione dei curiosi girini bianco/trasparenti, detti spermatozoi, tutti, potenzialmente, possibili vincitori di un trofeo che chiameremo 'ovulo'; corrono tutti insieme, in una sfrenata corsa per la conquista del suddetto.
Miliardi di miliardi, partecipanti a una comptizioni che li vedrà perdere in massa. Lo scroto, pur liberandone una quantità infinita, ne continua a produrre tantissimi, riempiendo nuovamente la succitata sacchetta conteniva in un tempo incredibilmente breve, retaggio di un mondo primitivo in cui, a quanto pare, si scopava tanto, con un grande e unico scopo: impregrare e riprodursi, impregnare e riprondursi, senza fine.
Unica eredità di un mondo antico, mentre, nello stato odierno delle cose, gli istinti primitivi sono ridotti, o comunque incanalati, nei giorni della setttimana in cui LuiNonHaLaPartitaDiCalcetto & LeiNonHaLaSedutaDiCazzateSettimanaliSparateConLeAmiche. Poi arriva il venerdì, lei non ha il ciclo, a 'sto giro, lui dall'eccitazione si strappa i peli pubici preso da un attacco di virilità nascosta, ma mal esplosa, e le sussurra con voce tremante <<Cara. Se non sbaglio oggi è il giorno della settimana consacrato al rigirarti come un calzino, sbatacchiarti contro l'armadio e mostrare, con i nostri urli, ai vicini, quanto sia palpitante -e zampillante, dato poi come andrà a finire- d'ammmòre per te>>.
Lei sbuffa, messa al muro dall'impossibilità di poter usare la Suprema Arma del mal di testa, di cui ha abusato troppo, questa settimana.
Non le resta che aprire le gambe ed annoiarsi per la successiva mezz'ora.

Ecco, Lui, il povero tipo che è in ognuno di voi, speranzosi di dar sfogo alla vostra fontana fecondativa, Lui è disperato perchè DEVE far uscire quello che ha dentro, è fisiologico. Sta nella sua natura di PoveroCristo.
Se, ipoteticamente, quell'essere immondo che continua a chiamare 'compagna', anche questa sera, avesse deciso di non dargliela, lui sarebbe dovuto correre in bagno, di nascosto, in tarda serata e, con mano lesta ma delicata, dare sfogo, come ogni sera, personalmente, a quel profluvio di amore sprecato.

Perché sto narrando questa pratica che suonerà, credo, orribile, alle vostre orecchie?
Perché è lo stesso che provo io quando scrivo. E' lo stesso motivo per cui sento il bisogno di scrivere. Dalla mia penna non escono fuori spermatozoi galoppanti, ma inchiostro pronto a bagnare la carta. Non scrivo per il gusto di rileggermi, non sono così tanto edonista, se così fosse suppongo mi basterebbe guardarmi nuda allo specchio. Scrivo perché come l'uomo che avendo, letteralmente, le palle piene sente il bisogno di dare sfogo al suo piccolo amico, così io sento il bisogno di liberare la mia mente.
Che io scriva bene o male questo non fa differenza, provavo già gusto nel farlo quando, quattordicenne, scrivevo boiate immense, spacciandole, tra i miei amici immaginari, come grandi saggi motivazionali su come affrontare la vita.
Poi arrivò MSN, al qual account potevi collegare un tuo personalissimo blog, nel quale liberavo la mia vena creativa che, per quanto mi ricordi, andava decisamente tagliata. [Non ringrazierò mai abbastanza il Sig. Internet per aver deciso di eliminare, tempo addietro, completamente, dall'esistenza e dalla memoria dell'etere, tutte quelle gabbie cybernetiche dove tante vite insignificanti (tra cui la mia) raccontavano la loro esistenza inutile, convinte che tutta quella merda, vomitata in byte, avesse del valore intrinseco.]

Dicevo.

Scrivere.

Tenevo quaderni disordinati assomiglianti a diari, dei quali mi servivo per dare un'etichetta e una colocazione alle mie idee. Seghe mentali di una liceale che cercava di essere profonda; il risultato definitivo era confuso: concetti importanti espressi male, che cercavo di adattare alla realtà circostante. Capivo di avere dei problemi, perciò, per semplificarli, li arrangiavo al contesto, immaturo, patetico, sgraziato, come solo può essere lo sfondo dello spettacolo al quale sta recitando un'adolescente che vive in una città di periferia. I miei scritti, di conseguenza, avevano lo stesso tono sfumato, banale; cercavano di rendere il di più, l'angoscia interiore, quella cosa che sentivo che mi contraddistingueva e mi rendeva dissimile alle altre bestie con cui dovevo rapportarmi.
Però poi rileggevo il tutto ed era sempre una Fiera del Sentimentalismo, svenduta al peggior quaderno preso in sottocosto alla Coop. L'orrore.

Per anni non ho più scritto niente, se non sporadiche righe. Se non che, due anni fa, ho raggiunto la pubertà della scrittura. Il ragazzino, una volta raggiunta questa fase, sente il disperato di bisogno di masturbarsi, alcune volte convulsamente; io ho sentito il bisogno di vomitare parole, pensieri.
Continuo a farlo. Scrivo ovunque, su fogli volanti, sul quaderno apposito che cerco di portarmi dietro sempre, ché mi sia d'aiuto quando, all'occasione, mi viene in mente qualcosa da appuntare.
Non ho la pretesa che quello che scrivo adesso sia migliore di quello che scrivevo 7-8 anni fa; certo, ci spero, ma non è questo il punto. Non è all'autocelebrazione cui aspiro.
Per quanto mi riguarda, e per quanto ne so, posso essere ancora molto vicina alla linea sottile che mi separa dall'analfabetismo. Il mio interrogativo è un altro: cosa mi spinga a scrivere così disperatamente.
Non mi basta il 'cerchi di imprimere qualcosa di te negli altri, perchè, così facendo, esorcizzi la morte, di cui hai tanto paura'. Boh, mi sa tanto di cazzata new age come risposta.

Dietro a chi scrive e lo sa fare, o per lo meno ci prova, secondo me c'è molto di più della gioia nel vedere piccoli discorsi di senso compiuto che prendono forma, come dei figli , tra le proprie mani. Piccole frasi che diventano creature vere, che colpiscono chi legge; che si muovono sul foglio bianco e, improvvisamente si colorano, prendono nella mente le forme più variegate, a seconda di cosa tu voglia far fantasticare. Sei il burittanio della fantasia, che, in quel momento ha il potere di plasmare l'immaginazione dell'altro, per condurlo dove tu vuoi. Lo scrittore prende il lettore per mano, e lo conduce nel tunnel dell'oscurità, dell'angoscia, della malinconia, o, semplicemente nel linguaggio della comunicazione.

Sotto l'epidermide dello scrittore, che tu sia una bimbaminkia che prova a riempire di 'cose' dei quaderni , o che tu sia un'universitaria con disturbi comportamentali, c'è il desiderio di comunicare.
Il bisogno di palesare ciò che fino ad allora si è celato di noi, l'aspetto più recondito che, nel momento di rapportarsi vis à vis, nel mondo, non ci sentiamo capaci di mettere a nudo. Allora torniamo a casa e, frustrati da questo senso di incompletezza che è il non riuscire a comunicare veramente, rigurgitiamo i nostri pensieri, la nostra misantropia, l'odio puro verso il prossimo, la nostra inadeguatezza, il rimpianto di un amore perduto, la paura di morire, il terrore di vivere, il sentimento dell'autodistruzione. Qualunque cosa sia, se la sentiamo pulsare dentro, deve essere riversata, per impedire che marcisca.

Scrivere è un modo per tendere una mano a se stessi, quando si sente che si sta per scivolare nell'oblio, e salvarsi.